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Alla ricerca delle proprie radici

25 Aprile 2024

Da tempo seguo con interesse il farsi strada di un nuovo tipo di turismo, esperienziale e ancora di nicchia : il turismo alla ricerca delle proprie origini. Già diffuso in Scozia, Irlanda e America, Paesi caratterizzati nel corso della storia da ingenti ondate migratorie, si sta sviluppando anche in Italia. Da una parte soddisfa l’esigenza di chi desidera scoprire i luoghi dove affondano le proprie radici familiari, compiendo un viaggio emozionale e di conoscenza. Dall’altra consente a chi ne ha compreso la potenzialità (e molte nostre regioni e Istituti italiani per la cultura all’estero sono già al lavoro) di promuovere un turismo culturale che potrebbe interessare soprattutto piccoli borghi e piccoli centri che verrebbero così valorizzati e salvati dall’oblio.

Pensando ai tanti conoscenti, ma anche a qualche amico e parente, che hanno trovato lavoro all’estero e creato nuove famiglie non posso che augurarmi che l’offerta di turismo “ancestrale” diventi sempre più ricca e nota per consentire alle seconde, terze, quarte generazioni di questi nuovi migranti di non perdere contatto con la terra  dei loro avi.

Nel mio piccolo, ho compiuto anch’io un viaggio alle radici ed è stata un’esperienza intima, arricchente e toccante. Nata e vissuta nel profondo Nord, sono di padre siciliano. Accenni al paese natale paterno, aneddoti sulla vita al Sud ne ho sentiti spesso e in casa era presente qualche oggetto “esotico”, ormai inerte,  parte integrante dell’arredo familiare :  un piatto di porcellana raffigurante il mito di Aci e Galatea, misteriosi tubicini in bambù abbandonati in un cassetto, un vinile della Cavalleria Rusticana… Il  viaggio mi ha consentito  di appropriarmi del vissuto di una parte della mia famiglia a di conferire a quegli oggetti tutto il loro potere evocativo.

La leggenda di Aci e Galatea, con la toponomastica ed essa collegata, ha circoscritto la zona geografica del mio pellegrinaggio. Il mito narra che il ciclope Polifemo, geloso del grande amore che univa la ninfa Galatea al pastorello Aci, uccise quest’ultimo schiacciandolo con un grande masso lavico. Commossi dal dolore senza fine della fanciulla, gli dei trasformarono il sangue di Aci in un piccolo fiume che nasce dall’Etna e sfocia nei pressi di Acireale. Oggi ben nove comuni del capoluogo etneo iniziano con il nome Aci. Sono stata ad Aci Trezza, il piccolo borgo noto per “I Malavoglia” di Verga. Qui zio Giovanni faceva il pescatore. Sono stata ad Aci Catena dove zia Rosaria e la sua famiglia avevano un piccolo agrumeto. E sono stata ad Acireale, città natale di mio papà.

Seduta alla pasticceria di Piazza Duomo, ho chiesto informazioni sulla ricetta dei cannoli siciliani : effettivamente un tempo le cialde venivano arrotolate intorno a tubicini ricavati dalle canne di fiume (da qui il nome cannoli), ora, per praticità, si usano cannelli metallici. Il pasticcere ha riso per questo lontano ricordo e mi ha precisato che l’importante è l’alta qualità delle materie prime, dalla ricotta ai canditi rigorosamente artigianali. In famiglia questi rinomati dolci fritti si mangiavano a Carnevale. Ho camminato lungo Via Romeo, dove si trovava la casa paterna. In fondo alla strada si vede il mare. Nei pomeriggi estivi i fratellini la percorrevano di corsa per raggiungere le Chiazzette in pietra lavica. Si fermavano a mangiare i fichi d’India, abilissimi a sbucciarli, e  poi via, fino a Santa Maria la Scala per un bagno fra i pesci.

Certo, sono sconfinata fino a Vizzini, teatro della Cavalleria Rusticana. Il comune ha subito una grande ondata migratoria dopo l’ultima guerra mondiale (soprattutto verso l’Australia, la Germania e la Svizzera) passando da 20.885 abitanti agli attuali 5.800 circa.

Non mi soffermo oltre a spiegare quanto questo viaggio abbia significato per me, trattenuta dal pudore e dalla certezza che si è trattato di un’esperienza personale. Spero solo che questo tipo di turismo delle radici venga potenziato per consentire  di mantenere viva la memoria del cuore con la conoscenza di luoghi, aneddoti e tradizioni delle nostre micro-storie familiari.

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